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Report Extra. Duro colpo alle teorie di Eni dalla sentenza della corte inglese sulla vicenda Opl245

Economia

Report Extra. Duro colpo alle teorie di Eni dalla sentenza della corte inglese sulla vicenda Opl245

Argomenti: Economia
Stagioni: 2016

La Southwark Crown Court di Londra proprio oggi, a poche ore dalla trasmissione di Rai3, ha respinto la richiesta da parte dell'ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete di sbloccare gli 84 milioni di dollari legati all'aggiudicazione del giacimento Opl245. La somma era stata "congelata" su richiesta della Procura di Milano perché ritenuta essere parte della presunta corruzione che ha coinvolto i vertici di oggi e di ieri dell'Eni. La corte ha ascoltato delle intercettazioni telefoniche dalle quali si desume che anche l'ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan era direttamente coinvolto nella vicenda.

La sentenza della Corte sembra dunque supportare la versione dei fatti raccontata da Report, a dimostrazione che la strategia dei tweet può essere d’effetto per i massmediologi, ma non influisce sul percorso giudiziario.

Le prove fornite grazie anche al supporto delle autorità giudiziarie statunitensi “mostrano che pagamenti per un totale di 523 milioni di dollari, tramite percorsi molto tortuosi, sono giunti a Abubakar Aliyu, alias 'Mr corruzione'” [...] “Le società di Aliyu sarebbero collegate al presidente Jonathan”. L'accordo è stato descritto dal pubblico ministero londinese, in accordo con la Procura di Milano, come un grosso caso di corruzione.

Nelle ultime settimane l'agenzia anti-corruzione nigeriana (EFCC) ha ascoltato Abubakar Aliyu in relazione al caso OPL 245, mentre all'inizio di quest'anno aveva già sentito Dan Etete. L'affare OPL 245 è attualmente oggetto di un'inchiesta da parte della Procura di Milano, della National Crime Agency del Regno Unito e dell'EFCC nigeriana, così come, in base alle prove presentate alla Corte di Southwark, è evidente il coinvolgimento delle autorità statunitensi nel tracciare i proventi della transazione. La notizia è stata rilanciata sul sito dall’organismo internazionale anticorruzione Re:Common.


- La sentenza del Tribunale inglese:
 


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