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Report Extra. Abu Omar: «Si tratta di dare a Washington un segnale»

27 gennaio 2013

di - Società

Report Extra. Abu Omar: «Si tratta di dare a Washington un segnale»

Stagioni: 2013
Argomenti: Società
Autori: Sigfrido Ranucci

Alle due del mattino del 21 settembre 2012, negli uffici della Farnesina arriva un dispaccio. È classificato «urgente» e i destinatari sono i ministeri degli Esteri e della Difesa e Palazzo Chigi. Nell'oggetto è scritto «caso colonnello Romano. Iniziali reazioni americane e possibili riflessi». Si tratta del sequestro di Abu Omar avvenuto a Milano dieci anni fa. L’autore è l’ambasciatore a Washington, Claudio Bisogniero.

Appena 48 ore prima dell’invio di quel dispaccio, il 19 settembre, la Cassazione aveva confermato le condanne per i 23 agenti della Cia accusati di aver realizzato in Italia un’operazione di «rendition» con l’aiuto dei servizi segreti italiani. La condanna più alta, 9 anni, è per Robert Lady, capo della Cia in Italia che ha sempre rifiutato di difendersi perché non riconosce l’autorità della giustizia italiana. Gli altri 22 agenti sono stati giudicati in contumacia. È questo il contesto nel quale Bisogniero invia il fax dove emerge tutta la sua preoccupazione: «Si tratta di dare a Washington un segnale che l’Italia pur nell’assoluto rispetto delle sentenze, intende operare insieme agli Stati Uniti per gli sviluppi futuri» e chiede al nostro Governo «un impegno a evitare il ripetersi di tali circostanze». Bisogniero è preoccupato soprattutto per quello che la Cassazione scriverà nelle motivazioni. Ha il timore che all’interno possano esserci elementi che negli Usa vengano recepiti come «contundenti», di rottura. Secondo l’ambasciatore necessita far intendere a Washington che la sentenza, pur definitiva «non viene da noi interpretata come la cessazione di ogni sforzo per lavorare assieme su tale materia... Anche per prevenire il ripetersi in futuro di analoghe situazioni». Ma a quali «situazioni» si riferisce l’ambasciatore?

Il diplomatico scrive anche che «se sul piano giuridico da parte nostra si dovrà operare nel pieno rispetto delle decisioni della magistratura, appare evidente che la questione riveste anche aspetti che travalicano detta dimensione». Anche su questo punto Bisogniero non specifica a cosa si riferisca. Sa bene che tra le mani ha una patata che scotta e precisa che «non spetta certo all’ambasciatore a Washington indicare << way for way», il percorso più giusto.

Cos’è accaduto dopo il dispaccio? Il segnale a Washington è arrivato? Dopo il verdetto della Cassazione, il ministero della Giustizia avrebbe dovuto chiedere l’estradizione degli agenti Cia. Una richiesta mai firmata, nell’ordine, da Castelli, Mastella, Scotti, Alfano, Palma. Il 22 dicembre scorso, invece, Paola Severino ha firmato ma solo per Robert Lady. Per gli altri agenti, condannati a 7 anni, ha deciso di non procedere, poiché 3 anni sono stati indultati.

La Severino in un comunicato ha fatto sapere di essersi attenuta al decreto del gennaio 2000 e a varie circolari, secondo cui è richiesta l’estradizione se la pena supera i 4 anni. Tra le pieghe delle norme citate dal ministro, però, c’è anche scritto che il limite dei 4 anni non vale di fronte a reati «particolarmente gravi». C'è da chiedersi se la vicenda Abu Omar, con un rapimento, torture e risoluzioni da parte di Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa, Nazioni Unite, non sia tale da legittimare una scelta diversa di quella del ministro italiano.


LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE E IL NUOVO PROCESSO D'APPELLO PER GLI EX VERTICI DEL SISMI

Per il rapimento di Abu Omar, la Suprema Corte il 19 settembre scorso, oltre la condanna degli agenti Cia, aveva deciso anche un nuovo processo d’appello, che comincerà il 28 gennaio, per gli ex vertici del Sismi.

Nicolò Pollari e Marco Mancini fino a quel momento l’avevano fatta franca per l’apposizione del segreto di stato che prima il governo Prodi poi quello Berlusconi avevano imposto sulla vicenda. Secondo la Cassazione, invece, il «segreto non può essere apposto,…avendo gli agenti agito al di fuori delle proprie funzioni».

Nuovo processo anche per gli altri tre appartenenti all’ex Sismi, Giuseppe Ciorra, Luciano Di Gregori e Raffaele Di Troia. La Suprema Corte, inoltre, aveva confermato la condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione per favoreggiamento nei confronti del funzionario Sismi Luciano Seno e dell’ex responsabile dell’archivio Sismi, Pio Pompa, che oggi firma articoli per il Foglio.

Gli unici a patteggiare erano stati Luciano Pironi, detto Ludwig, (che aveva aiutato gli americani a caricare Abu Omar sul furgone) e Renato Farina, fonte “Betulla”, il giornalista che informava i vertici del Sismi sugli sviluppi dell’indagine.

Ma nelle motivazioni della stessa sentenza la Cassazione aveva anche scritto che «non è vero, per quel che emerge dagli atti, che l’operazione Abu Omar fosse stata autorizzata dal governo italiano, non solo perché il rapimento non sarebbe mai stato autorizzabile per la legge italiana, ma anche perché sia il Presidente del Consiglio dei Ministri (Silvio Berlusconi) in una nota ufficiale, sia l’allora direttore del Sismi, avevano escluso ogni coinvolgimento delle istituzioni».

Secondo gli alti magistrati il rapimento fu dunque opera di singoli funzionari. Ma è stato realmente così? In ogni caso, secondo questa tesi, il segreto di Stato non avrebbe ragione di essere invocato in quanto finirebbe per coprire responsabilità individuali per fatti commessi al di fuori dei compiti istituzionali del Sismi. Questo documento proveniente dall’ambasciata a Washington è solo l’ultimo colpo di scena in una storia dove l’ultimo capitolo, forse è ancora tutto da scrivere.

- L'inchiesta di Sigfrido Ranucci del 25 marzo 2007: Telecom, debiti e spie

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