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Report Extra. Siamo tutti oche

di - Società

Autori: Sabrina Giannini
Stagioni: 2014
Argomenti: Società

Il giorno dopo la messa in onda a Report dell’inchiesta “Siamo tutti oche” Moncler ha dichiarato: “I nostri fornitori sono obbligati a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal codice etico”. Ma la comparsa del paragrafo sulla tutela degli animali nel citato codice etico dell’azienda è misteriosa.


Quando lo abbiamo scaricato dal sito di Moncler, qualche mese fa, non vi era alcun riferimento alla tutela animale. Nell’ultima versione del codice etico è stato aggiunto un punto al paragrafo numero 6, proprio quello sul “rispetto dei principi a tutela dell’ambiente e degli animali". A noi risulta che la modifica sia stata fatta il 7 ottobre scorso, quando Moncler era a conoscenza dell’inchiesta che stavamo realizzando. E quando avevamo già concluso le interviste in Ungheria.


Moncler nell’annunciare azioni giudiziarie contro Report ha utilizzato (anche) questa argomentazione.

Chi l’ha pubblicata avrebbe potuto approfondire la “smentita” di Moncler. Noi l’avremmo fatto nel corso del contraddittorio che abbiamo più volte richiesto. Sarebbe stato interessante approfondire un dubbio sulle date, che non tornano.

Sul documento che mostriamo anche nel video si legge: il presente codice etico è stato adottato dal gruppo Moncler con delibera del consiglio di amministrazione della Moncler s.p.a. in data 24 gennaio 2014. È stato modificato senza delibera? Non serve? Perché non viene dichiarato? Domande rimaste senza risposta. Per quello che può valere un codice imposto dall’azienda ai fornitori, non controllabile da un organismo terzo (e tanto meno da una autorità non essendo obbligatoria la tracciabilità). Esistono sistemi di tracciabilità della filiera certificati, proprio per evitare la spiumatura illegale, di cui per esempio si è dotata il marchio Patagonia.

Moncler scrive nel comunicato che acquista la piuma “principalmente in Francia e Italia ed in parte in Nord America”. Dobbiamo dedurre che non la compra dall’Ungheria? Ma in Italia gli allevamenti di oche e anatre si contano su una mano. I fornitori italiani di Moncler infatti comprano dall’estero e mischiano le piume di varia provenienza, anche dall’Ungheria.

Il suo fornitore Molina nel sito aziendale scrive: “Sembra una favola e invece è una bellissima realtà. Le oche di Békés in Ungheria, vivono libere all'aria aperta (…) abili mani delle contadine, prelevano solo il piumino, dal petto e sotto le ali delle oche mature. Un po' come avviene per la tosa delle pecore, questa operazione è assolutamente innocua per l'animale”. Assolutamente? Quasi.
Infatti, soltanto dopo il servizio di Report aggiusta il tiro e in un comunicato congiunto con Assopiuma scrive: “In riferimento alla pratica illegale di “live plucking” non possiamo negare che casi sporadici si possano ancora verificare da parte di chi non rispetta le leggi"… Assicurano che le piume vengono da “ allevamenti e i macelli (…) controllati dalle autorità sanitarie locali, dove un ufficiale veterinario attesta e certifica, oltre allo stato igienico delle piume, anche la salute degli animali, di conseguenza qualsiasi violenza inferta sarebbe immediatamente rilevabile”. Se controllassero però.


Il punto dolente è proprio la tolleranza dell’illegalità e un regolamento europeo che consente di far passare per “innocua tosatura” la tortura. Mentre un reportage televisivo mostrava per la prima volta le “abili mani delle contadine” che strappavano la carne insieme alle piume per procedere velocemente alla spiumatura, sottopagata, non c’era l’ombra di ispettori ungheresi e tantomeno dei veterinari del Food and Veterinary Office della DG SANCO della Commissione europea che dovrebbe occuparsi di salute umana e benessere animale .


Il presidente Remo Ruffini vorrebbe che l’azienda "Moncler un giorno diventasse sinonimo di piumino come la Bic è sinonimo di biro”, un’arma a doppio taglio che poteva essere usata per indignarsi (insieme a molti altri) e chiedere il bando radicale della spiumatura da vivo, una tracciabilità obbligatoria e controllata dalla Commissione europea e non accontentarsi delle garanzie o certificazioni di chi gli vende il piumino. Tra questi, nemmeno tanto tempo fa, pare ci fosse l’ungherese Németh toll, il cui titolare è stato arrestato per frode fiscale e chissà con quale accuratezza ricercava la piuma “tosata” e “legale”.
Ma Moncler non ha voluto svelare chi siano i suoi fornitori, è stata vaga sui luoghi e sui numeri. Ha preferito minacciare un’azione legale. E mostrare come una medaglia il codice etico che garantisce “il rispetto dei principi a tutela degli animali”. Per la prossima collezione.

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