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Commento alle repliche dei veterinari al servizio "Troppa trippa"

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Commento alle repliche dei veterinari al servizio "Troppa trippa"

Autori: Sabrina Giannini
Stagioni: 2016

Stiamo assistendo a una reazione “accesa” dei veterinari al servizio di domenica 6 dicembre.
Partiamo dall’articolo scritto dal veterinario Oscar Grazioli e pubblicato alcuni giorni fa su Il Giornale.
  
FNOVI, ANMVI e il veterinario Oscar Grazioli hanno ogni diritto di criticare Report, ma prima dovrebbero chiarire la loro posizione a favore delle aziende del petfood.

Che non bastano gli avanzi ma servono integratori, è stato ribadito nel programma, ma questa realtà è stata stravolta da parte di ANMVI che scrive: “Più che sulla dieta casalinga - che solo nei casi di formulazione e prescrizione da parte di un veterinario nutrizionista può per completezza ed equilibrio essere sostitutiva del petfood - la trasmissione ha puntato sull'alimentazione 'fai da te'.”
 
I tanti veterinari in buona fede oggi potrebbero domandarsi: “Perché ANMVI dialoga con una grande distribuzione?”. Corrisponde al vero che la grande distribuzione presto metterà a disposizione dei clienti un veterinario orientandoli nella scelta (l’unica ovviamente che escluderebbe quella casalinga) e togliendo così lavoro ai colleghi?

I veterinari in buona fede potrebbero cominciare a fare domande ai loro rappresentanti Scotti e Melosi (visto che rispettivamente coordinatore nazionale e presidente del direttivo Anmvi non si sono dissociati dal comunicato dell'ufficio stampa), che da una parte dicono di tutelare la dignità dei loro associati, e dall’altra “prestano” il marchio dell’associazione per operazioni commerciali volte a vendere più petfood e non mettono mai in discussione SCIVAC, a cui sono federati e che rappresenta il più evidente conflitto di interessi organizzando congressi con i soldi delle aziende del petfood e dei farmaci (SCIVAC ci ha messo due settimane per inviarci il loro bilancio, ormai fuori tempo limite per studiarlo).

E la FNOVI (Federazione degli ordini veterinari), tra le altre cose, scrive: “L’alimentazione degli animali domestici è oggetto di conoscenze e competenze che non si limitano al consigliare un dato prodotto… ”.

Allora spieghino come mai la quasi totalità dei veterinari non propone l’alternativa casalinga, che pure il professor Biagi (ma anche il buon senso) considerano alternativa perfino nei casi di patologie (quelle “diete” che costano, che ormai sembrano insostituibili e consigliate perfino davanti a reazioni avverse e peggioramento dei pazienti, come è stato dimostrato)?
  
Emerge una totale acriticità verso ciò che propone l’azienda, con le sue referenze nei depliant (che spesso sono datate, sono prove di campo, non in doppio cieco sempre finanziate dalle aziende medesime).

Non viene ammesso nemmeno il vuoto di conoscenza, anche generato dall’università (quanti professori e docenti sono consulenti delle aziende? I veterinari dell’ANMVI e FNOVI però non sembrano porsi la questione che riguarda il conflitto di interessi).

Perché non approfittare del servizio per fare un po’ di chiarezza?

Nessuno dei “critici” si sofferma su ciò che loro stessi avrebbero dovuto da tempo considerare criticità del petfood: micotossine, conservanti, alimentazione non etologicamente idonea (come giustamente ricordato dai veterinari fuori dal coro Chisari e Bettio).

Non ci sarebbe stato bisogno di tutto ciò se almeno una sigla di rappresentanza avesse da tempo messo in guardia dai pericoli del prodotto conservato anziché essere loro veicolo (diretto, indiretto, volontario oppure inconsapevole) di promozione. Grazioli pare conoscesse le criticità ma non ho trovato suoi articoli che mettessero in guardia…
Sui centri di ricerca. Sembra che tutti sappiamo cosa si fa dentro quei laboratori. Però non c’è un’immagine!

E chi di loro è stato invitato nei laboratori in Cina o a Losanna, nel centro della Nestlé (Purina)?

Ma davvero credono che 300 animali nei laboratori della Royal Canin in Francia o quelli della Hill’s in Kansas o della Nestlé in Cina o Losanna non siano in gabbia?
 
Non c’è test attendibile (perfino delle feci) che abbia senso se l’animale esce da un perimetro stabilito sia nutrizionale che fisico. Quindi delle due l’una: o fanno i test invasivi che costringono gli animali in spazi esigui oppure non li fanno.

Da quanto leggiamo nelle dichiarazioni di Grazioli su Il Giornale, ANMVI e FNOVI constatiamo che prendono con leggerezza il sacrificio al quale sono sottoposti i loro pazienti nella guerra all’ultimo prodotto tra multinazionali. Serve mettere in evidenza che Hill’s si pubblicizza come il prodotto “raccomandato dai veterinari nel mondo”?

Non risulta che le associazioni o ordini rappresentativi abbiano mai scritto un articolo o reagito contro Hill’s o quelle aziende che si fregiano del sigillo dei veterinari.

Così come non pare che abbiano preteso quella trasparenza che Hill’s, Royal canin, Nestlé (and CO.) non hanno voluto concedere a noi (quindi anche ai loro clienti) per verificare cosa succede davvero dentro quei centri ricerca e quali materie prime utilizzano. Oltre a rifiutare l'intervista che ho richiesto ai loro nutrizionisti aziendali.

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