Report Extra. Questa estate mentre crollavano gli sbarchi dalla Libia si riapriva la rotta tunisina
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Autori:
Claudia Di Pasquale
Stagioni:
2018
Tra il mese di dicembre del 2010 e quello di gennaio del 2011 in Tunisia scoppia la rivoluzione dei Gelsomini. In tutto il paese si susseguono proteste, manifestazioni e sommosse contro il governo dell'allora presidente Ben Alì, che in prima battuta reagisce con la repressione per poi decidere di scappare.
E' l'inizio della primavera araba, che presto si diffonderà anche negli altri paesi del Nord Africa, tra cui la Libia. Migliaia di persone provano ad attraversare il Mar Mediterraneo sui barconi alla volta dell'Europa. Oltre 1500 persone muoiono annegate. 28mila tunisini riescono invece a raggiungere l'Italia, e sbarcano a Lampedusa.
Alla luce del ruolo strategico della Tunisia nello scacchiere geopolitico internazionale, l'Europa decide allora sin da subito di bloccare la rotta tunisina. Per farlo però avvia un partenariato "privilegiato" con il paese nordafricano: lo scopo ufficiale è sostenere la stabilizzazione del paese e la sua sicurezza. In concreto l'Europa paga la Tunisia, che dal 2011 al 2016 riceve ben 3,5 miliardi di euro. Altri 1,2 miliardi di euro dovrebbe riceverli da oggi fino al 2020. In cambio la Tunisia si impegna a costruire uno stato democratico, a rilanciare l'economia attraverso anche delle riforme sociali, e a lottare contro il terrorismo, l'immigrazione illegale e il traffico di persone.
In questa direzione l'Europa ha avviato anche un partenariato per la mobilità con la Tunisia, da una parte per facilitare il rilascio dei visti ai tunisini che vogliono andare negli Stati europei, e dall'altra parte per dare un sostegno economico a quelli che invece ritornano in Tunisia. I numeri di questi ultimi però sono molto bassi: si parla di poco più circa 200 tunisini "di ritorno", che hanno avuto un sostegno economico, dai 2500 ai 4000 euro. L'Italia invece di tunisini ne ha rimpatriati 1500 solo nel 2017. E altri 1200 vorrebbe rimpatriarli la Germania.
In questa direzione il governo italiano ha stretto degli accordi con la Tunisia, fornendo alla Guardia costiera tunisina le motovedette per controllare i suoi 1300 chilometri di costa e contrastare l'immigrazione irregolare.
Il dato di fatto è che dal 2012 in poi, le partenze dalla Tunisia sono crollate, anche perché nel frattempo il traffico di esseri umani si è spostato in Libia. Per capire il fenomeno basta pensare che nel 2016 le persone partite dalla Libia sono state 181436, mentre dalla Tunisia 605. Nel 2017 però ai primi di ottobre, le persone partite dalla Tunisia erano già oltre 2700. Un numero sempre basso, che però ha fatto saltare qualcuno dalla sedia, soprattutto se raffrontato a quello del 2016. Si è iniziato così a parlare di riapertura della rotta tunisina.
Il sospetto ventilato dagli analisti è che la Tunisia vorrebbe più soldi dall'Italia per contrastare l'immigrazione irregolare.
Sarà una coincidenza, ma solo pochi giorni fa il premier Gentiloni è stato a Tunisi, dove ha incontrato il presidente della repubblica Beji Caid Essebsi e ha formalizzato un pacchetto di aiuti, che comprende la risistemazione delle motovedette, il finanziamento di un sistema per la raccolta delle impronte digitali, più l'acquisto di altri mezzi per fare attività di pattugliamento nel deserto. Valore totale 12 milioni di euro.
In questo contesto, bisogna confrontarsi con un nuovo fenomeno: il traffico dei migranti illegali viene organizzato insieme da italiani e tunisini che stanno tra Mazara del Vallo e Marsala, per i viaggi utilizzano gommoni veloci con motori da 150 a 300 cavalli, e insieme ai migranti trasportano anche sigarette di contrabbando. A indagare su questo traffico è stata la Procura di Palermo, che lo scorso giugno ha disposto l'arresto di 15 persone, sia tunisine che italiane.
Ma la domanda da farsi è: dove finiscono le persone partite in modo irregolare in Tunisia e riportate indietro dalla Guardia costiera tunisina? In carcere. In Tunisia, infatti, il reato di immigrazione irregolare viene punito con una pena che va dai 2 ai 5 anni di reclusione, e non sono previsti sconti per chi è malato, o per le donne in stato di gravidanza.
Questi i dati ufficiali forniti dal Generale Khelifa Chibani, portavoce della Guardia Nazionale della Tunisia:
Nel 2016 sono stati fermati 102 tentativi di immigrazione irregolare, e arrestati 1500 migranti illegali e 49 trafficanti. Età media dei migranti arrestati: il 14% ha tra i 15 e 20 anni; il 67% tra i 20 e i 30; il 16% tra i 30 e i 40 anni; il 3% tra i 40 e i 60 anni. Il 99% sono maschi, l'1% donne.
Nel 2017 sono stati bloccati 126 tentativi di partenze, e arrestate 1153 migranti e 40 trafficanti. Anche in questo la maggior parte ha tra i 20 e i 30 anni, il 95% sono maschi, il 5% donne, nella maggior parte dei casi sono incinta.
Dall'altra parte è importante osservare come nonostante tutti i soldi dati dall'Europa, tutto il Sud della Tunisia sia fortemente segnato dalla disoccupazione e dalla mancanza di prospettive di sviluppo. Qui buona parte dell'economia si regge sulle attività di contrabbando, che vengono svolte alla luce del sole, come per esempio il contrabbando di benzina che viene proprio dalla Libia.
(22 novembre 2017)