ESCLUSIVA - Svelati gli omissis del contratto AstraZeneca

18 febbraio 2021 ore 18:09
Ecco il contratto Ue-Astrazeneca senza gli omissis. Nonostante le resistenze della commissione si fa piena trasparenza sul primo accordo tra Bruxelles e le case farmaceutiche per i vaccini. Prezzo “no profit” ma solo fino a luglio. Poi Astrazeneca potrà decidere se aumentarlo. Trecento milioni di dosi erano attese entro giugno, ma rispettare le scadenze sarà impossibile. Ma non ci sono penali automatiche. Report tornerà sul tema dei contratti per i vaccini nella prossima stagione che inizierà a fine marzo.

IN ESCLUSIVA IL DOCUMENTO ORIGINALE

Report è in grado di pubblicare integralmente il contratto tra Commissione e Astrazeneca, svelando gli omissis con cui l’Ue e la casa farmaceutica avevano deciso di proteggere gli elementi più sensibili dell’accordo di acquisto del siero anti-Covid, riguardanti in particolare l’esatta misura economica del contratto, le regole per i pagamenti e le date di distribuzione.
Fino a gennaio infatti vigeva sul contratto, il primo firmato dall’Ue, un’impenetrabile segretezza, nonostante le richieste di trasparenza provenienti da molti parlamentari europei, dal mondo dell’informazione e dalle associazioni della società civile. Solo dopo lo scontro tra Commissione e casa farmaceutica, determinato dalla riduzione delle dosi attese, l’Ue aveva pubblicato il contratto, con molti omissis. Grazie a questo documento dunque si può finalmente fare chiarezza su un contratto molto oneroso (ben 870 milioni di euro per 300 milioni di dosi) che è al centro della strategia europea per la vaccinazione anticovid. Il contratto si basa sulla strategia del derisk, della eliminazione del rischio per le case farmaceutiche. 

Chi paga?
Dallo svelamento degli omissis emerge la distribuzione dei costi tra l’Ue e gli stati membri. Bruxelles paga 336 milioni di euro per i costi di base, che – a quanto si evince dal contratto - sono stati integralmente versati, in due tranche, ancor prima della consegna delle prime dosi. Gli stati contribuiscono invece con circa 534 milioni, da versare alla consegna. Il corrispettivo economico deve coprire, emerge dagli omissis, ogni costo di sviluppo, da lavoro e materie prima ai costi di ricerca, di presentazione del dossier all’Ema e quelli di farmacovigilanza, fino ai costi di sviluppo e management. In caso di un aumento dei costi attesi entro il 20% il prezzo aumenterà automaticamente. Nel caso di costi inferiori alle attese una commissione istituita ad hoc, composta da rappresentanti dell’impresa e della casa farmaceutica, potrà valutare le condizioni per un ristoro.
Il prezzo per dose è dunque di 1,12 euro a carico dell’Ue a 1,78 per gli stati membri: è un prezzo “no profit”, ma che vale però solo fino a luglio 2021. Da quel momento la casa farmaceutica potrà autonomamente cambiare i prezzi, a meno che non dovesse ritenere, “a sua coscienza” che la pandemia non sia finita.
                        
Le consegne                                                                                                                                    
Il contratto, firmato lo scorso 27 agosto, prevedeva la consegna delle prime dosi (tra 30 e 80 milioni) già per la fine del 2020. Una scadenza destinata a non essere rispettata per il prolungarsi dell’approvazione da parte dell’EMa. Il calendario iniziale prevedeva 40 milioni di dosi a gennaio, 30 a febbraio, 20 a marzo, 80 ad aprile, 40 a maggio e infine 60milioni di dosi a giugno. L’intera consegna di 300 milioni di dosi si sarebbe dovuta concludere entro i primi 6 mesi dell’anno. In seguito all’annuncio di una riduzione delle consegne questo obiettivo sarà impossibile da raggiungere nei tempi prefissati. Nel contratto non si prevedono penali automatiche per la mancata consegna. In caso di mancata consegna l’Ue potrà invece rompere il contratto.                                    

I risarcimenti
L’intero carico dei risarcimenti nel caso di effetti collaterali viene spostato sugli stati membri, escluso il caso in cui il danno sia causato da un difetto nel vaccino derivato dal mancato rispetto da parte di Astrazeneca delle attuali buone pratiche di fabbricazione o delle normative di farmacovigilanza Ema.
 

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