Il mare di gomma

Il numero degli sbarchi sulle nostre coste a luglio e ad agosto è crollato. Eppure sono i mesi in cui di solito gli sbarchi aumentano. Cosa è cambiato?
Cominciamo con la storia recente dei soccorsi.

2013-2015
Le operazioni nel Mediterraneo

Questa è la mappa dei salvataggi dal 2014 al 2016: le navi si sono avvicinate sempre di più alle coste libiche. Perché?

Nel 2013 vicino Lampedusa 360 migranti muoiono in mare. Monta l’indignazione e l’Italia dà il via all’operazione Mare Nostrum.

Obiettivi:

  • salvare vite in mare
  • contrastare il traffico illegale di migranti

L’operazione funziona ma ci costa 9,5 milioni di euro al mese. Dopo un anno l’Italia chiede all’Europa di condividere costi, rischi e responsabilità.

1 novembre 2014 nasce l'operazione Triton-Frontex

Frontex è l’Agenzia dell’Ue che coordina operazioni multinazionali di polizia per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Con il piano Triton si prevede che ogni persona soccorsa dalle navi di Frontex sia portata in Italia. Il Governo lo ritiene un compromesso accettabile e firma.

Nell'aprile 2015 un peschereccio con a bordo 900 migranti si ribalta nel canale di Sicilia.
Solo 28 i sopravvissuti. L’Europa si indigna.

Giugno 2015, l’Ue lancia l’operazione militare Sophia. Obiettivo: individuare, catturare e distruggere le imbarcazioni usate dagli scafisti.

Contemporaneamente l'Europa rafforza Triton, mettendo a disposizione dell’Italia più mezzi e, per prevenire le morti in mare, estende le operazioni fino a 70 miglia dalle coste libiche. Il coordinamento dei salvataggi è affidato alla Guardia Costiera italiana e alla Guardia di Finanza.

2015-2016
Entrano in scena le Ong

Tra il 2015 e il 2016 si registra un aumento di navi delle Organizzazioni non governative che iniziano ad operare sulla rotta centrale del Mediterraneo.

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Le navi delle Ong nel Mediterraneo centrale

Fonte: moas.eu

nome: Phoenix
bandiera: 🇧🇿Belize

Appartiene alla Migrant Offshore Aid Station (Moas), creata nel 2014 dagli imprenditori Christopher e Regina Catrambone (attuale direttrice). Moas è una delle prime Ong ad aver operato sulla rotta centrale del Mediterraneo e dichiara di aver salvato oltre 30.000 persone. Ha ricevuto vari riconoscimenti, tra i quali l'Ordine al merito della Repubblica italiana e la Medaglia per il Servizio della Repubblica maltese. Afferma di ricevere donazioni da privati e aziende. La nave Phoenix è stata costruita nel 1973 e ha un equipaggio di 20 persone. Dispone di un'infermeria di bordo, di due gommoni di soccorso e di droni per la ricerca in mare aperto. Da maggio a ottobre del 2015 sulla Phoenix hanno lavorato anche operatori di Medici Senza Frontiere.

Fonte: Ansa

nome: Dignity I
bandiera: 🇵🇦 Panama
nome: Bourbon Argos
bandiera: 🇱🇺 Lussemburgo
nome: Vos Prudence
bandiera: 🇮🇹 Italia

Sono le tre navi di Medici Senza Frontiere. Dignity 1 e Bourbon Argos hanno operato tra il 2015 e il 2016. Vos Prudence opera dal marzo 2017; può ospitare 600 persone e altre 400 in caso di estrema necessità. A bordo 13 persone dello staff di Medici Senza Frontiere e 17 membri dell’equipaggio; è dotata di pronto soccorso, ambulatorio, farmacia e aree per trattare i casi più critici.

Fonte: Facebook/Pro Activa Open Arms

nome: Golfo Azzurro
bandiera: 🇵🇦 Panama

In acqua da dicembre 2016, la nave viene usata dall’Ong spagnola Proactiva Open Arms, fondata a settembre 2015 da Oscar Camps. Fino a quel momento la Proactiva si occupava di salvataggi e primi soccorsi ai bagnanti sulle spiagge e piscine. Da settembre 2015 opera nel mar Egeo e poi, da giugno 2016, sulla rotta del Mediterraneo centrale. Dei fondi ricevuti, il 4% viene da amministrazioni locali e organizzazioni ufficiali. Il resto è frutto di donazioni private.

Fonte: LaPresse

nome: Aquarius
bandiera: 🇬🇮 Gibilterra

L’Associazione Sos Mediterranee è attiva in Germania, Francia e Italia. È indipendente da partiti e/o istituzioni religiose. Ha come scopo quello di finanziare la nave Aquarius (salpata il 28 febbraio 2016 verso il Mediterraneo). Presidente di Sos Mediterranee Italia è Valeria Calandra, mentre co-fondatrice e vice-presidente di Sos Mediterranee International è Sophie Beau. Sos Mediterranee collabora con Medici Senza Frontiere e a bordo della nave Aquarius, oltre all'equipaggio tecnico-nautico, lavorano membri di entrambe le Ong. Per ogni giorno in mare la nave costa 11.000 euro. Sos Mediterranee dichiara di aver soccorso oltre 22.000 persone.

Fonte: Ansa

nome: Sea-Watch 2
bandiera: 🇳🇱 Paesi Bassi

L'organizzazione Sea-Watch è nata alla fine del 2014 ed è formata da circa 150 volontari provenienti da tutta Europa. Ora è finanziata esclusivamente da donazioni private, ma la fondazione e l’acquisto della prima nave sono stati finanziati dai partner iniziali. Ad oggi nel Cda risultano: Harald Höppner (Presidente), Matthias Kuhnt (Vice-Presidente), Holger Mag (Tesoriere), Johannes Bayer, Dr. Frank Dörner. Con la nave Sea-Watch 2, varata ad Amburgo il 18 marzo 2016, la Ong dichiara di aver soccorso 20.000 persone. Non essendo in grado di ospitare molte persone, la nave durante i soccorsi si occupa principalmente della fase iniziale di emergenza (salvagenti e assistenza medica, poi i migranti vengono trasferiti su delle navi più grandi). La Sea-Watch ha operato anche sulla rotta orientale del Mediterraneo e del mar Egeo.

Fonte: Facebook/Sea-Eye

nome: Sea-Eye
bandiera: 🇳🇱 Paesi Bassi

La nave di Sea-Eye ha iniziato la sua attività ad aprile 2016. Il fondatore dell’organizzazione è l’imprenditore tedesco Michael Buschheuer. La Sea-Eye dichiara di operare fuori dalle acque libiche e di offrire servizi di primo soccorso, con salvagenti, acqua e assistenza medica. Sea-Eye afferma di essere finanziata principalmente da donazioni. A maggio 2017 ha varato una seconda imbarcazione: la Seefuchs.

Fonte: Ansa

nome: Iuventa
bandiera: 🇳🇱 Paesi Bassi

La Jugend Rettet nasce il 3 ottobre 2015 in Germania e dopo 8 mesi acquista la nave Iuventa, con la quale inizia a fare salvataggi da luglio 2016. L’equipaggio è di 11/13 persone, ma in Germania più di 70 “giovani adulti europei” supportano le attività della Jugend Rettet. All’inizio dell’agosto 2017 la nave è stata sequestrata dalla Procura di Trapani per gravi indizi di contatti con i trafficanti. L’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dallo statuto pubblicato sul sito risulta nel board solo Lena Waldhoff, ma dal report annuale del 2015 risulta presidente anche Jakob Schoen. La Jugend Rettet dichiara di accettare solo donazioni dai privati.

Fonte: Ansa

nome: Minden
bandiera: 🇩🇪 Germania

La Minden è la nave usata dall'organizzazione Lifeboat Project (il cui Ceo è Karl Treinzen). Da luglio 2016, dopo aver soccorso per mesi i migranti nel mar Egeo, ha operato sulla rotta del Mediterraneo centrale. Ha a bordo una barca di supporto e attrezzature necessarie per il soccorso in mare. Capitano: Christian Brensing.

Fonte: Getty Images

nome: Vos Hestia
bandiera: 🇮🇹 Italia

Noleggiata da Save The Children per operare sulla rotta del Mediterraneo centrale da settembre 2016. È una nave che può accogliere fino a 300 persone per volta e si avvale di due gommoni di salvataggio gestiti da squadre specializzate. Dall’inizio delle operazioni dichiara di aver salvato circa 7300 persone, di cui circa 1200 bambini. A bordo della Vos Hestia, oltre allo staff della Ong, c’era personale dedicato alla sicurezza e al soccorso che non faceva parte di Save The Children (compreso un agente di polizia sotto copertura). Save The Children ha dichiarato di non sapere né che a bordo venivano fatte delle attività di osservazione sulle altre Ong né che queste informazioni venissero condivise con le autorità italiane.

Nel corso del 2016 le navi delle Ong si sono spinte sempre più a ridosso delle acque territoriali libiche.

A febbraio 2017 Frontex ha pubblicato un report annuale: “Quasi il 40% dei soccorsi in mare è operato dalle Ong” e ha rilevato che “la presenza di missioni di salvataggio sempre più vicine alle coste libiche è diventato un fattore che ha incentivato le organizzazioni criminali a far partire sempre più migranti.”

Anche secondo uno studio del think tank della Commissione Europea la modalità con cui i trafficanti hanno organizzato le partenze è cambiata: mentre nel 2014 venivano usate navi più stabili, predisposte ad attraversare il Mediterraneo, nel 2016 sono stati messi in mare gommoni fatiscenti, non in grado di raggiungere le coste italiane.
Parallelamente il numero degli arresti dei trafficanti è diminuito. Una possibile spiegazione è data dal fatto che ora i migranti vengono imbarcati e lasciati alla deriva con la speranza che qualcuno si accorga di loro. Secondo il rapporto Frontex e le indagini della magistratura italiana i trafficanti informano direttamente le Ong della presenza dei gommoni in mare. Un paradosso: la stima dei morti (o scomparsi) in mare nel 2015 è di 2.913, nel 2016 di 4.578 (Unhcr).

Il codice Minniti

Da fine luglio lo scenario sta cambiando. Le Ong che operano in mare sono invitate a firmare e rispettare un Codice di Condotta, condiviso da tutte le forze politiche parlamentari e avallato dagli Stati Membri dell’Ue, che prevede 13 punti così riassumibili:

Divieti
Le Ong hanno il divieto di entrare in acque libiche "salvo in situazioni di grave e imminente pericolo", il divieto di spegnere i dispositivi che servono a localizzare la nave, il divieto di interagire in comunicazioni che faciliterebbero il contatto con i trafficanti, il divieto dei trasbordi su altre navi (a meno che non siano coordinati dalla Guardia Costiera).

Obblighi
Le Ong hanno l’obbligo di trasparenza sui finanziamenti, devono avere un’attestazione delle proprie capacità tecniche di partecipare a missioni di ricerca e salvataggio, devono ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico. Inoltre devono essere sempre in contatto con il proprio Stato di bandiera e con il Centro di coordinamento marittimo per aggiornamenti e cooperazione sull’andamento dei soccorsi.

Medici Senza Frontiere, Sea-Watch e Jugend Rettet non firmano.

Il 10 agosto 2017 il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, Fāyez al-Sarrāj, dichiara di aver istituito la sua zona Sar (zona di responsabilità nella ricerca e soccorso spiegata qui sotto). Da quel momento la Guardia Costiera libica ha imposto a tutte le navi straniere il divieto di soccorrere i migranti nelle aree di sua competenza. Dopo questo annuncio, sentendo di non poter più operare in sicurezza, Medici Senza Frontiere, Save The Children e Sea-Eye hanno deciso di sospendere le attività. Il 4 settembre anche Moas ha deciso di sospendere le operazioni nel Mediterraneo perché ritiene “non ci sia la garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri”. La nave della Ong Jugend Rettet, invece, è dal 2 agosto sotto sequestro della Procura di Trapani con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, visto che secondo i magistrati ci sono gravi indizi di contatti con i trafficanti.

Destinazione Italia

Le leggi del mare

Per la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay (1982), le navi dei 168 stati firmatari hanno l'obbligo giuridico di prestare soccorso ai soggetti in difficoltà in qualsiasi zona di mare, nazionale o internazionale. Con la convenzione di Amburgo (1985), nota anche come Convenzione Sar (Search and Rescue), gli stati si impegnano a definire un perimetro nelle acque circostanti le loro coste (zone Sar per l'appunto) nel quale assicurare adeguati servizi di ricerca e soccorso.

Indipendentemente dalla zona Sar in cui si trova un'imbarcazione in difficoltà, la responsabilità dei soccorsi ricade sulla prima autorità che riceve notizia di emergenza, finché l'autorità competente di zona non prenda in carico la richiesta.

Un caso pratico

L'area Sar italiana estesa fino in Libia

Le attuali rotte dei migranti riguardano principalmente acque libiche, tunisine, maltesi e italiane. Tunisia e Libia non hanno dichiarato una zona Sar (la Libia lo ha fatto di recente) e Malta non possiede mezzi adeguati per far fronte a tutte le emergenze. Quindi la responsabilità dei salvataggi ricade sull'autorità Sar di primo contatto, quasi sempre l'Italia, che deve fornire un approdo sicuro sul proprio territorio qualora non trovi un accordo con uno stato più prossimo al luogo di soccorso.

Chi arriva in Italia resta in Italia

Nel luglio 2013 entra in vigore il trattato di “Dublino 3”: la responsabilità di asilo di un migrante spetta al primo paese di sbarco.

Triton sbarca tutti i migranti in Italia

In pieno semestre di presidenza europea il Governo italiano annuncia l'inizio della missione Triton. Dal 1 novembre 2014 l'Italia diventa coordinatore e unico punto di approdo per tutte le navi Frontex impegnate nelle operazioni di soccorso, indipendentemente dalla loro nazionalità.

Primo semestre 2017: chi è intervenuto?
Navi Ong 34%
Guardia Costiera Italiana 28%
Triton 11%
Missione Sofia 9%
Navi Mercantili 7%
Altro 11%
Fonte: informativa alla Camera del ministro degli Interni Marco Minniti - 5 luglio 2017

2017
Le nuove strategie

Se il flusso dei migranti negli ultimi due mesi è diminuito non è per via dell'introduzione del Codice di Condotta per le Ong, ma a seguito di lunghe e complesse trattative per ostacolare l'industria del traffico di esseri umani.

A febbraio 2017 viene siglato un accordo Italia-Libia tra il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, Fāyez al-Sarrāj.

L’accordo diventa operativo a seguito dell’intesa del Ministro dell’Interno Minniti con 14 sindaci libici che aprono alla cooperazione internazionale e si impegnano a intensificare il controllo delle coste a Nord contro i trafficanti; schierano anche la Guardia Costiera libica, addestrata dall’Italia.
In cambio avranno scuole, ospedali, rete elettrica, ovvero aiuti per rilanciare l’economia locale.

A marzo i rappresentanti delle 3 principali tribù del Sud della Libia, Tuareg, Tebu e Suleyman, si incontrano a Roma e siglano un accordo di pace con la mediazione del Ministro Minniti. L’obiettivo principale è la messa in sicurezza del confine Sud della Libia con Ciad, Algeria e Niger, da cui transitano i flussi dei migranti.

28 agosto accordi di Parigi
Si incontrano Italia, Spagna, Francia, Germania, Niger, Ciad, Libia e, per l’Unione Europea, Federica Mogherini.
Viene definita la linea d’azione: intervenire prima che i migranti partano.

E dunque:

  • Identificare direttamente in Niger e in Ciad chi ha diritto all’asilo e distinguere tra migranti economici da riaccompagnare nei paesi d’origine e rifugiati.
  • Cooperare economicamente con le comunità locali per creare fonti di reddito alternative al traffico di migranti.
  • Aumentare i controlli delle frontiere in Libia.
  • Migliorare la protezione dei diritti umani e sorvegliare le condizioni di vita dei migranti in Libia, creando basi umanitarie in loco.

Quanto costa e chi paga?

Ad oggi sono stati stanziati oltre 400 milioni di euro (200 a carico dell'Italia e più di 200 a carico dell'Europa). A questi si aggiungono 90 milioni di euro stanziati dall'Europa e già incassati da Unhcr (agenzia Onu per i rifugiati) per allestire e ispezionare i campi di accoglienza in Libia, dove identificare chi ha diritto alla protezione internazionale, e quindi il diritto di partire verso l'Europa in sicurezza, e chi invece deve essere riaccompagnato nel paese d'origine.

Punti critici

  • La vera industria libica è quella dei trafficanti di uomini, di droghe, di armi. Un'industria che si è consolidata con le complicità di sindaci, tribù, fazioni, milizie, guardie costiere. Ovvero con i referenti con i quali abbiamo fatto accordi. Se è inevitabile, visto che non è sostenibile per l'Italia trovarsi da sola a confrontarsi con un nastro trasportatore verso la Sicilia, lo Stato deve garantire la trasparenza: dovremmo poter rendicontare punto per punto a chi ufficialmente, e solo ufficialmente, diamo i soldi e per fare cosa.

  • Unhcr e Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) stanno facendo il loro dovere, ovvero garantire il rispetto dei diritti umani nei centri di accoglienza? Solo in parte, poiché dichiarano che in Libia non ci sono le condizioni di sicurezza e quindi si limitano a fare qualche ispezione e ad oggi hanno riaccompagnato, secondo il Viminale, 5.000 migranti ai paesi d'origine. Testimonianze raccontano di veri e propri centri di detenzione in condizioni di sistematica violenza, in zone libiche non accessibili alle agenzie Onu.

  • Oltre 600.000 migranti tra richiedenti asilo, sfollati e rifugiati sono in Libia in attesa di riprendere la via del mare. Quanto durerà questo blocco? Fino a quando continueremo a pagare, probabilmente fino alle elezioni. E dopo?

  • Cosa può fare l'Italia, in attesa che l'Europa si assuma le proprie responsabilità? Cambiare radicalmente il sistema dell'accoglienza, passando da una gestione in mano a cooperative e associazioni, ad una gestione pubblica, utilizzando tutte le strutture pubbliche dismesse e assumendo personale specializzato sia per la formazione sia per l'identificazione entro i 6 mesi. Una modalità che mette le basi per un'integrazione “vera” e riduce il rischio di riempire il Paese di disperati.

Fonti:

Unchr, Ministero degli Interni, Ministero degli Esteri, Frontex, Ministero della Difesa, Camera.it, Senato.it, Oim, Moas.eu, Sea-eye.org, Sea-watch.org, Sosmediterranee.org, Jugendrettet.org, Savethechildren.it, Proactivaopenarms.org, Medicisenzafrontiere.it, Lifeboatproject.eu, New York Times, Corriere della Sera, European Political Strategy Center, Guardia Costiera italiana, Commissione Europea, Unione Europea.