64.000 minori non accompagnati

Dopo lo sbarco dove vanno?

Il 4 aprile Muaffak sbarca a Pozzallo, dichiara di avere 16 anni. È solo.

A fine giugno è già entrato nelle statistiche del Viminale dei minori non accompagnati spariti nel nulla: quasi 10.000 nell’ultimo anno. Il suo viaggio era cominciato in Gambia, e aveva ingrossato il numero dei tanti ragazzini che partono per l’Italia con la chiara intenzione di raggiungere il prima possibile un altro paese europeo e ritrovare altri compagni. Dall'inizio dell'anno a oggi sono 12.583. La prima tappa per Muaffak è stata una palestra di smistamento di Reggio Calabria, per poi essere trasferito in una struttura comunale per minori.

Svaniti nel nulla


Ogni giorno Muaffak ha pensato alla fuga, senza nasconderlo agli operatori e agli altri compagni di (dis)avventura ospitati nella stessa struttura. Alla fine in 3 mesi è entrato nella categoria dei minori scomparsi o “irreperibili”. La gestione del fenomeno è fuori controllo, tant’è che i numeri cambiano a seconda di quale statistica ufficiale registra la sua assenza. Se a contarli è il Ministero del Lavoro sono circa 6.000 e si chiamano “irreperibili”, se è il Viminale sono quasi 10.000, che li definisce “scomparsi”. L’unico fatto certo è che dei tanti Muaffak si sono perse le tracce.

Dove sono finiti?


Oltre a quelli che non sono più censiti perché nel frattempo sono diventati maggiorenni, perché scompaiono così tanti minori?

Vittorio Piscitelli
Commissario straordinario del governo per le persone scomparse

Perché non vogliono rimanere in Italia, che nella maggior parte dei casi non è per loro la terra promessa. Quando arrivano sulle nostre coste non hanno più mezzi per proseguire il viaggio e vogliono lavorare e guadagnare il prima possibile senza restare nei centri di accoglienza. Quello che preoccupa è che spesso essendo una categoria fragilissima sono esposti al rischio di disavventure e contatti con organizzazioni criminali.

Può farci qualche esempio?

Sono molti e diversi i rischi cui vanno incontro, da quello relativo alla prostituzione minorile, allo sfruttamento nel lavoro, c’è poi la manovalanza nel crimine, lo spaccio, e tra i rischi non si esclude neppure il traffico di organi.

Amalia Settineri
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma (già procuratore a Palermo)

Se un minore appena sbarcato è in grado uno o due giorni dopo di andarsene significa che ha un punto di riferimento sul territorio; un’organizzazione che gli dà contatti telefonici, nomi, indirizzi. E questo, di solito, non avviene nell’interesse del minore.

Ma è così facile far perdere ogni traccia?

Poiché non sempre il fotosegnalamento avviene, le possibilità di identificazione sono assolutamente risibili, perché basta che cambi il nome e non sei più identificabile. Capite bene che un minore fuggito può essere rintracciato solo se abbiamo dei dati che ci consentono in qualche modo di identificarlo. Se non abbiamo nulla la speranza di rintracciarlo è pari a zero.

La mappa ufficiale dell'accoglienza


Dei 64 mila minori sbarcati in Italia negli ultimi 3 anni quelli presenti al 31 luglio sono 17.864. Secondo i dati del Ministero del Lavoro il 4,1% di questi ragazzi è dato in affido, il 3,9% è in attesa di collocazione e il 92% è assegnato nelle strutture di accoglienza per minori.

La mappa reale dell'accoglienza


Fin qui i numeri ufficiali. Ma la realtà, di fatto, come racconta l'Anci, parla di una situazione ben diversa. I minori, soprattutto nelle regioni interessate dagli sbarchi (Sicilia, Calabria, Campania), non finiscono nei centri dedicati ma nei centri di prima accoglienza insieme a tutti gli altri. Il passaggio alle strutture di seconda accoglienza, previsto dal programma Sprar (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), non avviene per mancanza di posti. E così la tutela dei minori, il percorso di crescita e l'integrazione non possono essere davvero garantiti.

Gli enti locali, inoltre, non hanno “quote obbligatorie” di accoglienza dei minori, a differenza di quanto accade per gli adulti. E i Comuni più interessati dal fenomeno spingono affinché ci sia lo stesso criterio di distribuzione sul territorio attraverso il coinvolgimento diretto delle Regioni, che hanno il controllo sulle strutture e la gestione delle risorse in materia sociale.

Bloccati in Sicilia

Regione Minori accolti
Sicilia 7.097
Calabria 1.418
Emilia Romagna 1.081
Lombardia 1.065
Lazio 919
Valle d'Aosta 3

La legge c'è. E le risorse?


“Ancora una volta tutto dipende dalle risorse che siamo in grado di attivare. Se i tempi si dilatano aumenta l’inadeguatezza dell’accoglienza con tutto quelle che ne consegue.”

Il Procuratore della Repubblica Amalia Settineri

Il 29 marzo 2017 la Camera ha approvato all’unanimità la legge per la protezione dei minori stranieri non accompagnati che assicura le stesse tutele date ai minori italiani senza genitori. Abbiamo una legge perfetta, la migliore al mondo, ma senza le risorse necessarie per applicarla.

  • la permanenza di massimo 30 giorni nei centri di prima accoglienza
  • diritto per tutti al sistema di protezione per richiedenti asilo
  • rilascio di permesso di soggiorno
  • misure specifiche per favorire l’adempimento dell’obbligo scolastico
  • garantito il diritto alla sanità
  • disposizioni per favorire in via prioritaria l’affido familiare rispetto all'ospitalità in una struttura
  • la competenza sul rimpatrio assistito passa al Tribunale per i minorenni
  • il diritto all’assistenza legale, avvalendosi del patrocinio gratuito dello Stato nei procedimenti amministrativi e giudiziari. Ogni tribunale per i minorenni dovrà istituire un elenco di tutori “volontari” per assicurare a ogni minore una figura adulta di riferimento. - Filomena Albano, Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, nella Relazione annuale 2016 presentata il 13 giugno 2017 a Montecitorio dichiara però che le risorse assegnate sono "pressoché inesistenti"

Un pozzo senza fondo


La copertura finanziaria è principalmente garantita dal fondo del governo, da quello europeo cofinanziato dal Ministero dell’Economia e da quello destinato ai rifugiati e richiedenti asilo. Ciascuno di questi ha disponibilità per centinaia di milioni di euro e all’occorrenza viene rifinanziato. Eppure i soldi non bastano mai a coprire le spese. Perché?

Perché anche le spese sono fuori controllo. Secondo i dati del Ministero dell’Economia il conto dei centri di accoglienza in tutto il Paese è passato da 600 milioni nel 2014 a 1,9 miliardi nel 2016. Spese che lievitano soprattutto per la gestione dell’emergenza e dell’accoglienza a tutto vantaggio delle cooperative e delle associazioni che si occupano della gestione dei migranti. E che negli ultimi anni hanno moltiplicato il loro fatturato.

Fonte: Ansa

Secondo il sindaco di Prato Matteo Biffoni, delegato Anci per l’Immigrazione, il problema non può essere risolto solo aumentando i finanziamenti. “Quando in un giorno arrivano 1000 persone sul territorio e cento sono bambini, è necessario fare uno sforzo impressionante per cercare di trovare nel più breve tempo la migliore sistemazione possibile; in assenza di una gestione diretta dello Stato in particolare per la primissima accoglienza, siamo costretti a chiedere aiuto ad associazioni private o altri enti, e in questo modo i costi vanno alle stelle”.

Se lo Stato non si organizza per gestire direttamente un fenomeno ormai stabile, e in costante aumento, i fondi non basteranno mai.

Ma sopratutto diventa altissimo il rischio che i tanti Muaffak sparsi per l'Italia svaniscano nel nulla. Marginalizzati, o facile preda della criminalità. Con tutto quel che ne consegue per l'intero Paese.