Il signore dell’e-commerce che punta a 2 miliardi di clienti

812 milioni

di ordini di consegna processati

256 mila

transazioni al secondo nei picchi

25 miliardi $

di merce venduta

500 milioni

di utenti in Cina

Questa è solo la punta dell'iceberg, ma cosa c'è sotto il grande successo
di Jack Ma, fondatore di Alibaba?

Il mito Jack Ma

Partito dal basso, senza alcuna conoscenza tecnologica, oggi è uno degli uomini più ricchi del mondo.

L’illuminazione arriva nel 1995 quando Jack Ma (vero nome Ma Yun 马云) è a Seattle. Si connette al web, prova a cercare “Birra”: si accorge che tra i risultati non c’è alcuna birra cinese. Nasce l’idea delle English Yellow Pages. Un fallimento. Intanto lavora per il ministero del Commercio costruendo pagine web. Dopo una serie di insuccessi nel 1999 lancia, con 18 collaboratori ad Hangzhou, in un piccolo appartamento, l'impresa destinata a rivoluzionare il mercato online.

Persona dell’anno su Time nel 2014, paragonato spesso a Steve Jobs, è diventato il volto del nuovo capitalismo in stile cinese. Alibaba si sta trasformando in un vero e proprio e-cosistema.

L’e-cosistema

“Siamo la più grande piattaforma di pagamento al mondo. 11 volte più grande di Paypal. Siamo più grandi di eBay e Amazon messi insieme nelle vendite. Consegniamo 30 milioni di pacchi al giorno in Cina. Noi non compriamo e vendiamo...aiutiamo le persone a diventare un’azienda che fa commercio. Non siamo e-commerce, ma siamo l’infrastruttura del business in Cina”
Stanford Graduate School of Business nel 2015

All’inizio Alibaba era una semplice piattaforma per piccole e medie imprese. Ora è diventato un complesso ecosistema finanziario di utenti, commercianti, aziende e fornitori di servizi: dai pagamenti on line alla distribuzione delle merci, dalla musica al settore sanitario, dalla lotteria allo sport. Alibaba è il connettore e il catalizzatore di un sistema che mette le piccole aziende in grado di competere sia a livello locale che globale.

Alibaba non è l’Amazon cinese
A differenza di Amazon, con magazzini e reti di distribuzione, Alibaba punta sullo sviluppo degli scambi. Non vende direttamente prodotti, ma uno spazio in rete dove individui, negozi, imprese, fanno business.

Cerchi sul motore di ricerca Shenma a che ora arriverà il treno del tuo amico.

Prenoti un taxi tramite la app Didi Chuxing e quando ti porterà a destinazione lo pagherai tramite Alipay.

Mentre aspetti di uscire, guardi un film sul servizio di video hosting Youku Tudou

magari su un device Meizu supportato dal sistema operativo YunOS, dove viene trasmessa la pubblicità di un prodotto venduto sulla piattaforma Taobao

mentre mangi sul divano comprato sulla piattaforma Tmall cibo ordinato sul sito Ele.me.

Oltre alle provvigioni sulle vendite, Alibaba guadagna anche sugli abbonamenti dei venditori ai portali. Ai fornitori che pagano una membership card per la licenza di operare sulle piattaforme, promette vantaggi in termini di visibilità e autorevolezza. Altri ricavi vengono da servizi extra (come per esempio grafiche ad hoc per le vetrine..) e dalle pubblicità.

La galassia in numeri

Alibaba si impone all'attenzione mondiale nel 2014, con il suo debutto a Wall Street. Un battesimo in Borsa da 25 miliardi di dollari. La più grande Offerta Pubblica Iniziale della storia.

Jack Ma a Wall Street, nel giorno del lancio in Borsa/ Ansa

Le cifre del fatturato

*Nell'ultimo bilancio annuale il 76% del fatturato è arrivato dal commercio in Cina, il 9% dal commercio internazionale. Il 4% dal cloud computing, il 9% dai media digitali ed entertainment, il 2% da innovazioni e altro. - Fonte: Alibaba, Securities and Exchange Commmission

Utile netto
6 miliardi di dollari
Impiegati
Quasi 60.000 (a settembre 2017)
Utenti
circa 500 milioni di cinesi hanno comprato durante l’anno sulle piattaforme di Alibaba e 549 milioni di utenti attivi tramite dispositivi mobile (settembre 2017. A settembre 2016 erano 450 milioni).

Ora Alibaba vale in Borsa oltre 450 miliardi di dollari. Solo dopo tre anni a Wall Street, già si ritrova a competere con i giganti del web, come Amazon, nella top ten delle società che valgono di più in borsa.

La battaglia in Borsa

Dati aggiornati al 3 novembre 2017, YCharts

L’album di famiglia: Jack politico

Jack Ma sta diventando sempre di più l’ambasciatore commerciale della Cina nel mondo. Nel 2015 viene intervistato dall’ex presidente Usa Obama e diventa consulente dell’ex premier britannico David Cameron per le questioni commerciali. Ha parlato con diversi capi di Stato e premier, da Matteo Renzi a Justin Trudeau. Ha avviato colloqui con Argentina, Israele e Messico e ha stipulato intese commerciali con Malesia e Pakistan. È anche consigliere per le piccole e medie imprese dello Unctad, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sviluppo e mercato.

A New York ha incontrato il Presidente Donald Trump, subito dopo la sua elezione, e gli ha promesso di creare un milione di posti di lavoro negli Stati Uniti.

Eppure Ma, al World Economic Forum di Davos, ha attaccato duramente le multinazionali americane, accusandole di essersi arricchite senza aver redistribuito sul territorio. Invece di investire su industria e lavoratori, le multinazionali hanno messo i soldi a Wall Street e, con la crisi del 2008, i miliardi guadagnati dalla globalizzazione sono stati spazzati via insieme ai posti di lavoro. “Non è che le altre nazioni vi rubano il lavoro, ragazzi. È la vostra strategia a farlo”.

Estratto dell'intervista a Jack Ma al World Economic Forum di Davos, gennaio 2017

Trump, che aveva fatto del protezionismo un tema chiave della sua campagna elettorale, può essere tentato da una collaborazione con Jack Ma, anche perché al momento tra la Cina e gli Stati Uniti c’è un forte squilibrio tra import ed export: gli ultimi dati disponibili annuali registrano un deficit commerciale di 347 miliardi di dollari. Attraverso la piattaforma di Alibaba, invece, i piccoli imprenditori americani potrebbero raggiungere, facilmente e senza intermediazioni, un bacino enorme di potenziali clienti.

L’arte della guerra

“La Cina è cambiata grazie a noi negli ultimi 15 anni. Ora speriamo che il mondo cambi grazie a noi nei prossimi 15.”
Jack Ma, Newsweek

Nei primi anni dell’e-commerce la maggior parte delle compagnie americane erano focalizzate sulle grandi aziende. Secondo Ma quella non era però una strategia vincente perché il vero mercato si fa con le piccole e medie imprese.

Strategie del successo: cosa sta facendo Alibaba

Scacco a eBay: due differenti modelli di business
eBay sbarca in Cina nel 2002 come leader del mercato. Alla fine del 2006 però viene affondato da Taobao (“Caccia al tesoro”), piattaforma di Alibaba.

Come ha vinto Alibaba?
Zero commissioni sulle transazioni e rapporto diretto tra clienti e venditori.

  1. Circolo della fiducia
    • Taobao

      Installa un forum e una chat (un “social commerce”) per far parlare venditore/compratore. Jack Ma ha capito che per la cultura cinese era importante far instaurare il rapporto di fiducia

    • eBay

      Non permetteva interazioni venditore/compratore fino all’acquisto della merce

  2. Commissioni sulle transazioni
    • Taobao

      Zero provvigioni sulle transazioni

    • eBay

      “Free non è un modello di business”

  3. Trattativa sui costi
    • Taobao

      I compratori potevano trattare con i venditori al ribasso, importante per la cultura cinese

    • eBay

      È un’asta a crescere. Compra chi paga di più

  4. Deposito di garanzia
    • Taobao

      Jack Ma lancia il sistema di pagamento Alipay che, attraverso il deposito di garanzia, consente di controllare la merce prima di procedere con il pagamento.

    • eBay

      Lavorava con Paypal, senza deposito di garanzia. Poi introdusse un secondo sistema di pagamento che lo prevedeva. Ma era tardi e creò solo confusione

Fonte: Stanford Business School

Il potenziale delle campagne cinesi
Nelle aree rurali in Cina ci sono più di 600 milioni di abitanti, limitati per motivi geografici e infrastrutturali nell’acquisto di prodotti migliori e più variegati. Barriere che Alibaba vorrebbe abbattere grazie all’e-commerce.

I dati sono la nuova miniera
Ai commercianti delle piattaforme di vendita più importanti per Alibaba, TaoBao e Tmall, offrono molti servizi per raccolta e analisi dei dati degli utenti. Big data e cloud computing sono i settori in cui Alibaba sta investendo di più.

Dal mercato virtuale al mercato reale
Il business di Alibaba si sta espandendo dall'online verso l’offline. Non solo con l’acquisizione di catene di negozi e supermercati, ma anche con investimenti su app che servono a connettere gli utenti con i servizi sul territorio (food delivery, app taxi ecc.).

Uno scambio senza confini
“Penso che per i prossimi dieci o venti anni, la globalizzazione dovrebbe essere guidata da uomini di affari”.
Jack Ma, Financial Times

Jack Ma si è reso conto che anche il mercato cinese si avvicina alla saturazione e ha l’ambizione di puntare ai clienti del resto del mondo con una piattaforma digitale mondiale, la World e-Trade Platform, pensata come una zona di libero scambio con tassazione e servizi doganali agevolati. Prima base logistica: la Malesia, che dovrebbe essere operativa per la fine del 2019.

Modello Risiko
Attraverso intese politiche e istituzionali, ma soprattutto con investimenti e acquisizioni, Alibaba sta conquistando il Sud Est asiatico, con partecipazioni in Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam.

Gli oltre 600 milioni di utenti potenziali dell’area potrebbero non essere l’unico reale obiettivo di Jack Ma. Alcuni analisti sostengono infatti che sia Amazon il vero avversario contro cui Ma sta giocando la partita. Non a caso una delle battaglie più seguite dai mercati è quella combattuta in India dove, per ora, Amazon è ancora in vantaggio.

Alla conquista del mondo: acquisizioni e investimenti

Negli ultimi anni Alibaba ha portato avanti una politica di acquisizioni e investimenti serrata. Il ritmo e la diversificazione delle acquisizioni, che provocano scetticismo negli analisti finanziari, vanno secondo il gruppo nella direzione di un’economia centrata sul consumatore che, in Alibaba, può ritrovare un fornitore di servizi a 360 gradi. Ecco quindi che accanto a investimenti sui big data e sull’e-commerce, con partnership con società che si occupano di distribuzione o di pagamenti online, il colosso ha investito anche su aree di mercato dove l’aspetto tecnologico è solo marginale: catene di supermercati, media e stampa, lotteria, sport, salute e servizi sanitari.

Settori dove ha investito di più

Dati raccolti da Bloomberg a partire da gennaio 2014

Alibaba sta seguendo una strategia che si chiama “step acquisition”: una metodologia grazie alla quale invece di acquisire subito la maggioranza di un’azienda, si investe prima una piccola quota. Così, da una parte ci si può permettere di essere partner di un ampio numero di società senza rischiare troppo e dall’altra si può verificare, prima di investire grandi quote, se effettivamente la società ha potenziale di crescita.

Scatole cinesi: la struttura della società

È il volto del business cinese a livello globale. Eppure, nonostante abbia il cuore operativo in Cina, è difficile parlare di Alibaba come di una società cinese.

Struttura di Alibaba

Fonte: Alibaba, Securities and Exchange Commmission

La testa di Alibaba dunque è nel paradiso fiscale delle Cayman Islands. Una holding a capo di uno schema molto complesso nel quale troviamo oltre 630 entità, alcune delle quali con sede in Paesi che tassano poco o niente. Questo numero non lascia indifferenti, soprattutto se si considera che i satelliti sono raddoppiati molto velocemente: solo l’anno scorso il gruppo era a capo di 330 società.

Come funzionano i rapporti con gli investitori stranieri?

Il governo cinese non consente agli investitori stranieri di possedere una partecipazione di maggioranza nelle società definite da Pechino “strategiche”. Ossia compagnie che possono offrire l’accesso a dati sensibili su politica e sicurezza nazionale o su determinati settori industriali. Internet è tra queste. Per aggirare la normativa sugli investimenti esteri, le aziende cinesi si muovono con questo modello:

Ogni Vie ha un accordo esclusivo con la società a totale capitale straniero che gli fornisce in modo esclusivo servizi. In cambio la Vie gli paga una commissione, che di solito coincide con tutti i profitti fatti dalla Vie. La Vie è un contenitore di accordi e contratti di servizio, che “mima” una proprietà: il potere di intervento per gli investitori è limitato. Si trova in un'area grigia dal punto di vista legale, non priva di rischi. L'esperienza insegna che è difficile risolvere le controversie e far valere i propri diritti.

Nel 2005 Yahoo! era uno dei principali investitori stranieri di Alibaba, con una partecipazione del 43%. Aveva investito un miliardo di dollari.

Nel 2010 la piattaforma usata da Alibaba per i pagamenti on line, Alipay, viene scorporata dalla holding offshore Alibaba, e viene fatta confluire in una compagnia in Cina, posseduta da Ma, (la Alibaba E-Commerce Co. Ltd).

Yahoo! accusò Alibaba di avere trasferito Alipay senza che l'operazione fosse “portata a conoscenza o sottoposta all'approvazione del consiglio di direzione o degli azionisti del gruppo Alibaba”. Jack Ma giustificò la sua mossa con un cambiamento delle regole bancarie di Pechino, che avevano imposto a società non finanziarie del settore dei pagamenti, di escludere investitori stranieri. L’effetto dell’annuncio di Alibaba fece crollare il valore delle azioni Yahoo.

Di chi è Alibaba?

Gli investitori di Alibaba arrivano da tutte le parti del mondo: troviamo giganti internazionali, società di investimento transnazionale, fondi privati di investimento e fondi a controllo statale.

I più grandi investitori oggi:

SoftBank 29.2%
Yahoo circa il 15%
Jack Ma 7%

Come riportato nella documentazione ufficiale, le azioni in quota Ma sono direttamente possedute da lui o legate a società di sua proprietà, con sede alle Cayman e alle British Virgin Islands (fino a febbraio 2017 la moglie Cathy Ying Zhang risulta essere direttrice di alcune di queste), o legate alla Jack Ma Philanthropic Foundation, o legate a trust di famiglia (sempre con sede British Virgin Islands).
Poi, tra gli investitori più importanti troviamo i grandi nomi come Blackrock, Vanguard, Price T Rowe, Baillie Gifford, Morgan Stanley, Goldman Sachs, JpMorgan, Deutsche Bank, Allianz.

Fonte: Alibaba, Nasdaq

Non si può comunque dire che non ci sia niente di cinese: il capitale di enti legati al governo ha giocato un ruolo nella costruzione della galassia di Jack Ma. E tra i membri della commissione incaricata di scegliere chi mettere alla guida del board c’è Tung Chee Hwa, che all’età di 80 anni, dopo essere stato Governatore di Hong Kong, è anche vicepresidente della massima istituzione cinese per le funzioni consultive, la Conferenza consultiva politica del popolo cinese (CPPCC).
Fonti di stampa riportano che nel 2012 per ricomprarsi la metà delle azioni da Yahoo, Alibaba ha ottenuto un prestito di 1 miliardo di dollari da China Development Bank. Parte dei soldi li ha trovati vendendo azioni ad un gruppo di investitori cinesi, tra cui China Investment Corporation, fondo che ha anche una partecipazione statale.

Ant Financial, il braccio armato finanziario

“Tutti dovrebbero avere un conto in banca”

Jack Ma, Conferenza in Cina

Valutata oltre 60 miliardi di dollari, Ant Financial nasce intorno al sistema di pagamento Alipay, e diventa una società finanziaria a tutto campo. Ant, letteralmente “formica”, è il piccolo investitore: giovani, individui con reddito basso e micro imprese.

Un abitante di un villaggio in Cina mostra il suo prestito bancario tramite Ant Financial/Lapresse

I servizi vanno dalla piattaforma di pagamenti, che può essere paragonata a Paypal, al microcredito; dal money transfer alla valutazione della solvibilità di un cliente. Ci sono anche un fondo di investimento (Yu’e Bao) e una banca on line (MYBank). Ant Financial si è guadagnata la posizione numero uno tra le società “FinTech”, ossia di tecnologia applicata alla finanza.

Ha 630 milioni di utenti attivi all’anno, dopo avere investito nella piattaforma di pagamenti indiana Paytm e nella thailandese Ascend Money.

Dovrebbe debuttare in borsa con l’Ipo più attesa del mercato, che potrebbe rappresentare, come quella di Alibaba, una pietra miliare nella storia delle quotazioni finanziarie. Proprio in vista dell’Ipo, nel 2016, Ant Financial ha raccolto circa 4,5 miliardi di dollari, quasi tutti provenienti da investitori sostenuti dal Governo. La più grande raccolta fondi di una società privata che opera sul web.

Alipay Hong Kong/Lapresse

Attraverso Ant Financial Services, chi fa business sulle piattaforme Alibaba ha accesso a finanziamenti del credito e stime del rischio su acquisti e investimenti basate sulla raccolta dei dati provenienti dalle transazioni e valutazioni fatte dai clienti. Secondo la stima di Credit Suisse il 58% delle transazioni online in Cina avviene attraverso Alipay. Alibaba non controlla Ant Financial ma, grazie ad un accordo, riceve una percentuale sugli utili.

Ant Financial si sta espandendo all’estero con uffici negli Stati Uniti, Regno Unito, e Singapore, e stabilendo accordi con India, Corea del Sud, Thailandia e Malesia.

Alipay
Nel 2011 riceve, per prima in Cina, la licenza per i pagamenti on line dalla People's Bank of China. Cruciale per il successo di Alibaba, gestisce il 58% delle transazioni online in Cina. 700 milioni di dollari al giorno. Dichiara oltre 450 milioni di utenti in un anno. A parte gli addebiti sulle transazioni con carta di credito per coprire i costi delle operazioni bancarie né Alibaba né Alipay fanno pagare commissioni.

Alipay Wallet
Fornisce servizi di base, come money transfer, rimborsi della carta di credito, pagamenti di acquisti e di bollette tramite cellulare. In espansione le applicazioni offline proposte a centri commerciali, discount, taxi e ospedali.

Yu’E Bao
Il fondo di investimento Yu’E Bao (“Tesoro Rimasto”), che secondo il Financial Times è un fondo comune monetario più grande di quello di JP Morgan, permette anche ai piccolissimi risparmiatori di investire, attraverso lo smartphone, con rendimenti più alti rispetto alle banche. I clienti possono investire anche 1 solo yuan ($0.16) e spostare i soldi nell’account Alipay senza commissioni.

MYbank
Ant Financial il 29 settembre 2014 ha ricevuto l'approvazione dalla China Banking Regulatory Commission per la creazione della banca privata MYbank. Per esigenze di credito di privati e piccole aziende.

Sesame Credit
Sistema creditizio che classifica i cittadini in base a punteggi. Usato anche per valutare la solvibilità delle controparti.

La struttura proprietaria di Ant Financial

È così divisa:

Destinazione Cayman

Secondo Jack Ma l’evasione fiscale non solo è illegale, ma è soprattutto immorale. In un'intervista l’imprenditore ha detto che è giusto che ogni impresa paghi la sua parte attraverso le tasse, visto che le aziende possono lavorare solo grazie all’infrastruttura pagata dai cittadini.

Quanto paga di tasse Alibaba?

Cayman e Caraibi
Tutti i rami dell’ecosistema Alibaba sono attaccati al tronco della società madre, l’Alibaba Group Holding Limited, che è delle Cayman Islands. E quanto paga di tasse questa società?
Zero
Alle Cayman, infatti, non è previsto nessun tipo di tassazione per le società. Perciò anche tutte le sussidiarie di Alibaba con sede alle Cayman sono esentasse. Stesso vantaggio ricevuto dalle sue sussidiarie con sede nelle British Virgin Islands, altro paradiso fiscale.

Hong Kong e il Sud Est asiatico
Alibaba dichiara che dal 2012 al 2017 le sussidiarie di Hong Kong sono state sottoposte ad un’aliquota del 16,5%. Sarebbe interessante poter sapere a quale cifra sia stata applicata questa percentuale, perché il 16,5% di 0, per esempio, fa 0. Un’informazione che però è difficilmente verificabile visto che dai report di alcune delle sue società di Hong Kong i dati di bilancio non appaiono.
Ancora più sibillina la cifra delle tasse pagate dalle sue società con sede in Indonesia, Singapore e in altri stati del Sud Est asiatico dove, dicono nella documentazione ufficiale, “siamo stati tassati secondo la legge di quelle nazioni”.

Cina
Secondo il South China Morning Post, giornale posseduto da Alibaba, il gigante di e-commerce e la sua affiliata finanziaria Ant Financial hanno pagato nel 2016 un totale di 3,5 miliardi di dollari di tasse, continuando ad essere il contribuente più grande della Cina.

Quanto avrebbe pagato se fosse stato trattato come un’impresa cinese qualunque?

NON SIAMO CINESI
Alibaba dichiara di ottenere la maggior parte dei ricavi dalle sue sussidiarie cinesi - che a loro volta operano in Cina attraverso le Vie. Dai dividendi di queste società dichiarano anche di ottenere un “reddito sostanziale”. Eppure Fangda Partners, lo studio di avvocati che supporta Alibaba in Cina, ritiene che per ora le loro sussidiarie non debbano essere considerate come residenti cinesi, quindi possono usufruire di un’aliquota fiscale più vantaggiosa. A questo si aggiunge che la proprietà diretta di alcune sussidiarie risulta essere di Hong Kong, e la Cina ha degli accordi bilaterali con la Regione Autonoma, grazie ai quali ci sono ulteriori vantaggi fiscali. Per esempio, dichiarano che i dividendi che inviano ad Hong Kong sono tassati al 5% (invece che al 10%).

NUOVE TECNOLOGIE
L’economia di Pechino è ancora fortemente incentrata sull’industria e sul manifatturiero, ma se vuole continuare ad essere competitiva a livello globale, deve eccellere anche nel mondo high-tech e software. Per questo il Governo ha deciso di concedere una serie di riduzioni fiscali alle società che sviluppano nuove tecnologie; molte società di Alibaba operano proprio in questa fetta di mercato, perciò pagano le tasse con un’aliquota più bassa e in alcuni casi anche con un’esenzione totale per due anni.

Quanto ha pagato Alibaba in Cina?

Aliquota effettiva degli ultimi anni fiscali:
2014 -> 11,8%
2015 -> 19,7%
2016 -> 10%
2017 -> 23%

Conversione Yuan/Dollari del 3 novembre 2017 - Fonte: Alibaba, Securities and Exchange Commmission

Il cancro di Alibaba

Lo scorso giugno a Detroit, alla presenza di centinaia di imprenditori, Jack Ma ha ammesso: “La contraffazione è il cancro di Alibaba”.

Tra settembre 2015 e agosto 2016 il colosso cinese ha annunciato la chiusura di 180 mila negozi virtuali e l’estromissione dalla piattaforma di 675 operatori accusati di vendere merce contraffatta. 380 milioni i prodotti rimossi. L’ultimo caso a settembre, quando è stata fermata la vendita di 30 milioni di lattine di falso prosecco sulla piattaforma.

Il problema del mercato dei prodotti contraffatti danneggia i brand, e, nel caso dei prodotti agro-alimentari, rappresenta anche un rischio per la salute. Tutto ciò mina l’immagine di Alibaba.

Cosa fa Alibaba per contrastare la contraffazione?
Attraverso la piattaforma per la difesa della proprietà intellettuale (Intellectual Property Protection), i proprietari dei marchi possono denunciare la presenza di falsi, e chiederne la rimozione. Algoritmi e intelligenza artificiale scovano ed eliminano i prodotti contraffatti. Nei prossimi tre anni Alibaba intende investire oltre 15 miliardi di dollari su intelligenza artificiale, big data, cloud computing e calcolo quantistico.

Inoltre il colosso cinese si muove sul fronte delle alleanze con il mercato del lusso. A gennaio 2017 ha siglato un’intesa con 20 marchi, tra i quali Louis Vuitton, Shiseido, e Samsung. Ad agosto è arrivato l’accordo con il colosso del lusso Kering, fondato dall’imprenditore francese François-Henry Pinault. Da parte sua il gruppo, proprietario di marchi del lusso come Gucci, Saint Laurent e Bottega Veneta, ha ritirato le accuse contro Alibaba presentate presso la corte di New York.

Per quanto riguarda l’Italia nel settembre 2016 è stato siglato un accordo per la tutela del settore agroalimentare, per difendere i prodotti Igp e Dop. Il Memorandum è stato presentato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e Jack Ma, nel corso del G20 di Hangzhou.

Quello che risulta allettante per brand e venditori è la tecnologia che permette di raccogliere e analizzare in tempo reale i dati sugli utenti dell’ecosistema e metterli a disposizione per piani di marketing mirati ed efficaci.

La lotta contro il falso è la grande sfida di Jack Ma. Perché i falsi, ammette lui stesso, “sono meglio degli originali, e possono vendere a prezzi migliori”.